INVERNO 10

I Massimo Volume in sottofondo e davanti l’inverno più freddo possibile, con le macchine che surfano sull’asfalto e le città bloccate e minacciate dai blackout mentre le persone cambiano, spariscono o smettono di essere divertenti. Gli acquarelli sono di Salvatore Zanfrisco, il racconto di Claudia Selmi.

 

Massimo Volume, “Robert Lowell”

 

Mi hai chiesto se so se lì vive una specie di punk. No mi dispiace. Quando ogni giorno esplodeva e conteneva tutto. Di mattina mi passavi a prendere eri sempre più puntuale di me, andavamo in macchina fino a scuola, mangiavamo tutti insieme al parco o al bar di fronte, iniziavano gli amari, i pomeriggi a parlare, a trovare qualcuno, a trovare qualcosa, dentro i solchi di milano, delle esistenze parallele e inventate, con i vestiti cyberpunk, con i racconti cyberpunk, fumavamo le braci di ogni giorno, per tutta la notte, stendevamo la biancheria fuori, eri sempre più bella, facevi paura a tutti, oppure non riuscivano a controllarti, ballavamo in cinque in una stanza, ed eravate più divertenti dei film, della fantasia, dei libri, dei fumetti, dei sogni, e facevamo dei solchi anche nelle sedie dei locali, sui sedili della macchina, sui nostri divani, sulle panchine dei parchi, ma non lo sentivamo più il freddo, e giocavamo tutto il tempo, poi ci curavamo, e ci ascoltavamo, ognuno aveva la sua cicatrice nascosta, oppure se la faceva apposta, una ferita pulsante, ogni giorno scrivevamo lungo milano pagine di storia, eravamo ubriachi tutti i giorni, tutto il giorno, sotto i nostri piedi si trasformava la realtà, ed eravamo sei o sette o otto o nove o due o tre o quattro o cinque, non abbiamo mai guardato le stelle perché a milano non c’erano mai, c’era il cielo arancione, come fuori da uno stadio, o come se dovesse nevicare, tu e la tua sacca della biancheria da portare alle lavanderie automatiche, e mangiavamo panini, e c’era spesso il buio attorno a noi, ci siamo prestati dei libri, ci siamo regalati dei dischi masterizzati senza copertina, i pomeriggi ad ascoltare la musica dal computer, la 90 attorno alla città, poi ho iniziato a stare zitta, tu a ripetere le stesse cose, qualcuno se ne è andato, non era più divertente, non potevamo contenere tutto per sempre, e non ti vedo più da anni, e non sono autodistruttiva, e continuo a cercare di trasformare la realtà, e sto cercando di arrivare alla fine delle frasi. Era come parlare uno di fronte all’altro ma uno di noi portava la divisa.

Un vulcano che continua a sputare banchi di fumo denso, sì, continuano a capitarmi quelle coincidenze ma non valgono più niente. “Non tradire mai i sogni di quando eri bambino*” allora. E per realizzare tutto quello che hai pensato, c’è tempo. Senti la terra che brucia e respira. Non c’è scala di importanza, o di precedenza. Uno dopo l’altro, anche in ordine sparso.

I venditori di abeti che vengono dal nord. Le piastrelle in piazza si crepano e nei tumuli di terra, ci hanno piantato dei pini senza radici.

Di sera è deserto come solo alcune giostre dei parchi divertimenti in pausa pranzo quando vai a fare il giro della morte e non c’è più lo scheletro. I bimbi stanno covando una broncopolmonite, mi viene da avvicinarmi al pino circondato dalle transenne come una star o come un santo. Gli parlo. Lui che nasce dal freddo. Un freddo che mi sveglia la notte, prima che passino a portare via la spazzatura e prima che si attivino le macchine per lavorare.

Un freddo da iniziare a correre per strada.

Era da 25 anni che non c’era tanto freddo. Tagliano la corrente. Non arriva l’alimentazione. In alcuni paesi hanno deciso di non far funzionare le illuminazioni di natale per evitare il blackout. Le strade sono bloccate, portano la colazione ai camionisti che si lamentano perché nessuno è venuto a sbloccare le strade.

L’alba dura tutto il giorno e alla fine rimangono pellicole finissime di gelo oppure è l’acqua ghiacciata dentro agli occhi.

Le macchine alzano la grana della strada e surfano sul cemento.

La gente si è riversata per vedere che sradicavano il ponte e che è spuntato il fiume sotto, i geloni e dei piccoli iceberg verdi e gialli, le onde nere sotto. Evacuare.

Forzarsi. Oppure no.

 

*João César Monteiro

 

Salvatore Zanfrisco è originario di Padova, adottato da Milano dalla quale ha preso un fastidioso accento. Impegnato a fare operazioni a cuore aperto nel settore pubblicitario e a salvare il suo mondo come illustratore a tempo perso. Ha prodotto molte graphic novel che hanno riscosso un grande successo nelle cassettiere del suo monolocale.

Claudia Selmi è una collaboratrice di Rockit e la curatrice del blog Piovono Pietre.

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