MOSTRI
E’ il primo racconto di Piovono Pietre del 24 dicembre 2009. Lo scrittore è Sandro Giorello. Il brano dei Fine Before You Came è quello che ha dato il nome a tutto il progetto. Un bestiario di peluche di pezza detta i codici surreali di un mondo parallelo in cui le anime, almeno quelle, esistono davvero.
FineBeforeYouCame, “Piovono Pietre”
W. E’ completamente fatto di pelo bianco, ha due grosse X disegnate con la vernice indelebile sopra gli occhi, quando ce li ha chiusi si vedono perfettamente. Dice che lo fa ridere il pensiero che qualcuno ancora si spaventi nel vederlo dormire con queste due grosse X e lo scambi per morto. Ha una strana ironia, lui, e difficilmente qualcuno ha mai capito una delle battute che fa spesso quando si crea tensione nell’aria. Per trovare la sua anima dovete rasarlo completamente, strato dopo strato, vi troverete con un’enorme quantità di pelo per terra e in mano una medio-piccola massa gelatinosa, blu, semitrasparente, apparentemente viscosa. Quella è la sua anima.
A. è una femmina. E’ insicura quando è in pubblico, sicura di sé quando è da sola. Per trovare la sua anima dovete tagliare lungo linea immaginaria che collega la riga della vagina con quella del culo. Uscirà un’altra femmina, fate lo stesso con lei. Ancora un’altra femmina. Tagliate ancora e troverete una nocciola dura. Nessuno ci ha mai guardato dentro. Quella è la sua anima.
Lin Ber è un orso di stoffa confezionato a mano. E’ rosso davanti: panno di spugna. Molto colorato dietro: tessuto da cuscini. Due bottoni per gli occhi, una piccola placca quadrata come naso. Provate ad aprirlo se ci riuscite. Probabilmente è fatto di stracci ammucchiati, tutti insieme questi costituiscono la sua anima.
P. è una specie di mummia: sciarpe e cinghie arrotolate direttamente sulla sua anima, che è fatta di polvere. Ha sempre paura e quando non riesce a calmarsi le bende si ingrossano come spugne facendo diventare gli occhi delle piccole fessure.
M. E’ una bella ragazza. Ce ne sono poche così. La sua anima è dove ce l’hanno tutte, sotto al reggiseno.
W. Essendo sostanzialmente fatto solo di capelli bianchi non so di preciso cos’era che mi si stringeva così tanto dentro il petto l’altra notte. Guardavo un telefilm e mi sono commosso. C’erano due vicende che scorrevano parallele: una madre che dopo aver partorito il figlio con un taglio cesario rischia la vita a causa di un’infezione post operatoria; un ragazzo il cui fratello è stato rapito dai terroristi afghani. Per tutti i 50 minuti della puntata le due storie procedono serrate senza lasciarmi nemmeno il tempo di un respiro. Quando c’è la telefonata del capo dei militari che deve comunicare al ragazzo che il fratello è salvo, il sistema di streaming del programma si blocca. La faccia del ragazzo piangente rimane immobile mentre un cartello mi dice che per oggi ne ho già guardata abbastanza di TV on line e che se proprio voglio continuare devo pagare un abbonamento extra. Mi tocca spegnere il modem collegato alla mia linea internet, aspettare che si riavvii e a quel punto avrò un altro indirizzo Ip e potrò riaccedere al sistema di streaming on line aggirando il blocco. Vado avanti così da giorni. Perché ho pianto? Non lo so, quella puntata l’avevo addirittura già vista. Ma sono sicuro che erano lacrime, avevo gli occhi sbavati di nero.
A. Non è solo desiderio di scopare. L’ultima volta che ho sentito questa parola è stato molto imbarazzante, eravamo in tre sul mio letto, M. P. ed io. Ci lamentavamo a turno di come i nostri rispettivi lavori fossero così poco edificanti, e quasi per sbaglio ho detto una cosa del tipo: se facessi più sesso avrei meno tempo per questi problemi.
M. aveva annuito, e P. dice: scopiamo noi tre, adesso. E poi si dà un paio di pacche sulla cintura come a dire: qui sotto funziona tutto a dovere.
Che schifo. Sono riuscita a cambiare discorso, e con una scusa ho spedito P. fuori da casa mia. Gli ho fatto gli occhi dolci e gli ho detto che ero stanca. Lui ci ha creduto.
L’altra sera io e M. eravamo ritornate sul discorso, le ho detto: non ho problemi con il sesso. Lo so, ha detto lei. Allora ho chiesto: ti sembro una sfigata? Di quelle che la danno via appena uno le sorride o le fa un complimento? Una che ha un tremendo bisogno di attenzione?
Lei ha scosso la testa decisa e poi ha risposto: certo che no. Ho continuato arrabbiata: e secondo te perché P. se ne è uscito con una stronzata del genere, quella dello scopiamo noi tre? Ormai ci vediamo tutti i giorni io e lui, condividiamo tutto, dovrebbe saperlo. Ha pure lo spazzolino qui. Quando lo stronzo di mio padre si è rotto il femore contro il water, P. l’ha addirittura portato al pronto soccorso. Quel mattino io non c’ero.
M. ha inclinato la testa, ha fatto un sguardo da mamma e con la voce più calma possibile: A., non lo so.
P. Per quanto sembri assurdo mi faccio la barba anche io. Dalle bende escono piccoli peli grigi, come tanti fili di granelli di sabbia induriti. Mi spalmo la schiuma sul mento e pian piano passo il rasoio cercando di strapparmi meno stoffa possibile. La trovo una cosa virile, nello specchio vedo i miei muscoli facciali che si tendono e sullo sfondo il tipo muscoloso che si sbatte la tipa siliconata in TV. Suona il telefono, è W.
A. è morta.
W. Lin Ber mi racconta come è andata: M., A. e Lin Ber stanno viaggiando veloci sull’autostrada che conduce a Temporale, la città dei loro sogni dove vorrebbero trasferirsi. Il motore gira a più giri possibili, la radio trasmette “Clint Eastwood” dei Gorillaz, dopo passa “Hey Ya!” degli Outkast, i tre non vedono una curva e schiantano contro un palo. La macchina si accartoccia di brutto, ne esce M. tutta acciaccata, ride da stupida e dice: A. dai, esci fuori, guarda come abbiamo ridotto la macchina di tuo padre. Lei non si muove. Esce anche Lin Ber con il solito sguardo spalancato. Mamma, temo che sia morta [perché M. tra poco avrà una figlia e per provocazione contro i suoi genitori la vuole chiamare Mamma, i suoi amici, per provocazione verso M., la chiamano Mamma, come se ogni volta che le parlano volessero rivolgersi non a lei ma a quella nuova creatura che a breve le crescerà in grembo]. A. è morta, hai capito M?, urla Lin Ber. Lin Ber si avvicina ad A. e le disegna due grosse X sugli occhi con un pennarello nero. Così fanno i mostri quando un loro amico muore.
Da quando è morta Anna mi sono levato le X dagli occhi, con una luce forte si possono ancora notare, restano dei segni grigi a sporcare il bianco della mia fronte. Non mi sembrava rispettoso lasciarli, e in più vorrei che Mamma nascesse senza troppe stranezze attorno. Senza confusioni tra il significato di vita e di morte. Magari ci trasferiamo a Temporale. Sarà bellissima, lo so già, come sua madre del resto. Come Anna, anche se ora lei non c’entra. La aspetto con ansia. Farà bene a tutti noi avere una piccola Monia per casa.
Lo streaming ha ripreso a funzionare. Il ragazzo smette di piangere. La bambina è in salute e la madre reagisce bene all’operazione. Fuori nevica, scendono fiocchi come pugni.
Sandro Giorello è il caporedattore di Rockit.